Tra i molti ritrovamenti nell’area sacra di sant’Eufemia (Comune di Brescia), dedicata a Mercurio, uno, in particolare, mi è parso di notevole interesse, ossia l’iscrizione che compare sull’architrave di un tempio, del quale, peraltro, non si è, fino ad ora, trovata altra testimonianza.
L’iscrizione è:
PRIMIO CARIASSIS FILIUS
MERCURIO AEDEM ET SIGNUM
SOLO SUO EX VOTO DEDIT
In merito, nel testo “Marmi bresciani raccolti nel museo patrio classificati e illustrati dal cavaliere Dr Giovanni Labus”[1], a pagina 54, troviamo testimonianza del fatto che l’iscrizione fu rinvenuta a S.Eufemia e che il dedicante era di origine gallica. Nel testo si legge: “Uscì alla luce nel borgo di S.Eufemia l’anno 1876, ed emigrò ad ornare le Torri dè Picenardi presso Cremona. Fu pubblicata dal Bianchi, al quale il nome di Primione Cariasse sono paruti sì barbari che inclinava quasi a credere tanto il padre che il figlio di schiatta servile[2]. Meglio però era crederli di gallica schiatta, e ravvisare in Cariasse il marito di Medussa, di cui vedemmo un titoletto a Minerva, e in Primione un suo figlio, il cui nome, da non confondersi con altri di simile uscita sopra allegati (…) anziché barbaro, doveva dirsi di buona latinità e recato da costui per accostarsi alle usanze romane. Primio è diminutivo di Primus, come Secundio, Quartio, Sextio sono diminutivi di Secundus, Quartus, Sexstus, egualmente che Asellio, Callisto, Hilario, Ursio il sono di Asellus, Callistus, Hilarius, Ursus. Il nostro Primione, oltre al tempietto, fabbricato sul proprio fondo, AEDEM SOLO SUO, volle anche innalzare a Mercurio la statua ET SIGNUM, la quale certamente non sarà stata come quella descritta dal Rossi [3], ché Mercurj con un occhio solo in fronte, una stella sul petto, il pugnale in una mano, il caduceo nell’altra sono ignotissimi a tutte l’antichità. La semplicità ed eleganza dell’epigrafe mostra ch’essa è dai tempi migliori”.
Nella sua descrizione il Labus fa riferimento ad una dedica a Minerva da parte di Medussa e Cariasse, che riporta a pagina 27 del suo testo.
MINERVAE
SACRUM
MEDUSSA . CARIASS.
V.S.L.M.[4]
A pagina 29 della sua opera il Labus, inproposito scrive: “Ma più conforme al vero ne pare leggere Medussa Cariassis Filia, perché cenomani sono il nome di lei e quel di suo padre; ed è noto che i Galli, i Germani e in generale tutti i barbari usavano un solo nome, e servivasi di quello del padre o della madre pel proprio cognome: Strenus Brisiae Filius, Rufus Brigovicius flius, Vesgasa Brittionis filia, … . Il Bianchi, copiando un errore di Gudio, credeva Cariasse nome greco femminile, lo tramutava in Cariessa, …, che vuol dire vezzosa, e allegava le storie del Capriolo, nelle quali di Cariessa non vi ha ricordanza”.
Dalle note del Labus si evincono alcuni dati interessanti. In primo luogo che il dedicante era di origine gallica. In secondo luogo che Primio, figlio di Cariasse, aveva edificato il tempio su un’area di sua proprietà. In terzo luogo, che oltre al tempio, aveva anche fatto costruire una statua a Mercurio. Infine, che Cariasse aveva una moglie o una figlia di nome Medussa.
Del tempio, come s’è detto, non rimane altra testimonianza che l’architrave con l’iscrizione che abbiamo più volte citato. Della statua non v’è alcuna documentazione.
Tuttavia, partendo dalle misure del frontone e utilizzando i canoni costruttivi di Vitruvio, l’architetto Stefano Capretti ha disegnato una possibile ricostruzione del tempio di Mercurio.
A questo punto potremmo dichiararci soddisfatti, ma la curiosità ci spinge oltre.
Chi era Medussa?
Se abbandoniamo l’insistente ricerca etimologica nelle lingue latina e greca e ci rivolgiamo alla lingua dei Galli, notiamo che il suo nome deriva dal celtico “medus”, bevanda ottenuta facendo fermentare il miele nell’acqua, ossia l’idromele. Medussa è dunque “melusa”, “melusina” “mielosa”, “dolcezza” “dulcinea”.
E Cariasse? Parrebbe derivare dal genitivo celtico di car (amicizia, amore): car – ias, dove il suffisso ias indica appunto il genitivo. Cariasse sarebbe dunque il signor D’Amore o Dell’Amore.
Se così fosse il tempio di Mercurio di S.Eufemia sarebbe stato costruito da Primione, figlio del signor D’Amore o Dell’Amore e la dedica a Minerva sarebbe opera della signora Medussa (Melusina o Dulcinea), moglie o figlia del signor D’Amore, ossia la signora Dolcezza D’Amore.
Ricostruzione evidentemente improbabile.
Assai più vicina alla realtà una tradizione che indica come il tempio fatto costruire in onore di Mercurio da Primione, figlio dell’amore (ossia un gallo romano, probabilmente figlio illegittimo di qualche famiglia nobile), contenga una dedica all’amorevole Minerva.
1 “Marmi bresciani raccolti nel museo patrio classificati e illustrati dal cavaliere Dott. Giovanni Labus” – Milano, 1854 – Tipi della ditta Angelo Bonfanti – Biblioteca Queriniana SB A XI 43.
2Marmi Cremonesi, pag. 47 (nota del Labus).
3Memorie bresciane, pag. 40 (nota del Labus).
4Proveniente, secondo il Labus, da Cellatica e trasferita al Museo Capitolino.