La “Festa del mazzo”, “Mas” di Nossa, che si ripete da più di 300 anni, è l’unica manifestazione sopravvissuta in bergamasca che si richiami alle antiche festività di Calendimaggio, derivante da riti pagani che attribuivano agli alberi il potere di rendere feconda la terra e prolifiche le donne.
A tener viva la manifestazione sono i “Soci del Mazzo”, una settantina di persone che la gestiscono direttamente, con la sola collaborazione della associazione turistica.
La Festa del Mas si realizza nell’arco temporale che va dal 25 aprile al primo di giugno. Il 25 aprile o l’ultima domenica del mese, il “Mas”, un grande abete, viene tagliato al mattino con una speciale scure, privato dei rami più bassi e decorato con festoni multicolori. Caricato su un carro percorre, in corteo, preceduto dalla banda musicale, le vie del paese, tra gli applausi della gente. Sul sagrato della chiesa viene benedetto e portato alle falde del monte Guazza dove, in parte scortecciato, rimane alcuni giorni. Il 1° maggio gli amici del Mas si caricano sulle spalle l’abete e lo portano, percorrendo un ripido sentiero, fino al Pizzo Falò (ol Pés), piantandolo, tra spari di mortaretti, su un ripido cocuzzolo roccioso. In quella posizione il “Mas” rimane tutto il mese.
Il primo giorno di giugno gli amici del Mas, nelle ore pomeridiane, fanno a pezzi l’abete, che al calar della sera viene incendiato, dando luogo ad un grande falò. L’onore di dare alle fiamme il Mas è riservato al bambino più piccolo che si trova sul “Pés” quella la sera.
Mas, italianizzato in mazzo, potrebbe ragionevolmente derivare da mash, dialettizzazione di maggio e maggio, dal latino maius (mensis), deriva da Maius, che a sua volta deriva da Maia, la Dèa Madre di Mercurio, simbolo della Terra, la Grande Madre. Maia sembra collegata alla radice di magis da *magia, *mag, *mah (crescere). Secondo Isidoro da Maia deriverebbe il nome maiale, attribuito all’animale che, gettato nel mundus, una sorta di inghiottitoio o di pozzo, veniva sacrificato alla Dèa.[i] Mercurio corrisponde al celtico Lug, la cui madre terrena è Tailtiu, alla quale sono dedicate le festività di Lugnasad, che cadono nella prima quindicina di agosto, in un periodo corrispondente a quello delle festività di Diana (13 agosto).
La festa del “maggio” corrisponde, dunque, ad antichi riti.
“A primavera e al principio dell’estate, o anche a ferragosto – scrive in proposito James G. Frazer -, era ed è ancora usanza in molte parti d’Europa di andare nel bosco, tagliare un albero e portarlo al villaggio, dove viene piantato in terra tra la gioia generale; oppure il popolo taglia rami e li drizza sopra ogni casa. L’intenzione di questo costume è di portare al villaggio e a ciascuna casa tutte le benedizioni che lo spirito arboreo ha il potere di diffondere intorno. Di qui, il costume, in molti luoghi, di piantare in terra, davanti ad ogni casa, un albero di maggio o di portare l’albero di maggio nel villaggio di porta in porta, perché ogni casa riceva la sua parte di fortuna”.[ii]
In Francia, in Germania e in Svezia il rito riguarda il “Maggio della mietitura”. “E’ questo – scrive Frazier – un grande ramo o un albero intero che viene ornato con pannocchie di grano, e portato a casa dai campi su un’ultima carrettata di grano o piantato sul tetto della fattoria o del granaio dove resterà per un anno. Il Mannhardt ha dimostrato che questo ramo o quest’albero incorpora lo spirito arboreo concepito come lo spirito della vegetazione in generale, la cui influenza vivificante e fertilizzante vien diretta sopra il grano in particolare”. [iii]
“In Europa – continua Frazer – si crede che il maggio apparentemente possegga poteri simili sulle donne e sopra il bestiame. Così, in molte parti della Germania, il 1° di maggio, i contadini innalzano dei «maggi» o dei «cespi di maggio» alle porte delle scuderie e delle vaccherie, uno per ogni cavallo e per ogni vacca; si crede che questo farà produrre alle vacche molto latte. Si dice che gli Irlandesi «credono che il ramo verde di un albero, piantato il 1° di maggio di fronte alla casa, farà produrre quell’estate una grande abbondanza di latte»”. [iv]
[i] Vedi in proposito Barbara Colonna, Dizionario etimologico, Newton
[ii] James G.Frazer, Il ramo d’oro, Boringhieri
[iii] James G.Frazer, Il ramo d’oro, Boringhieri
[iv] James G.Frazer, Il ramo d’oro, Boringhieri