Parra potrebbe derivare dal gaelico Baar che significa campi spaziosi, come Ceve Baar (Cevo)
Nel corso della I età del Ferro, la Lombardia occidentale, il Piemonte orientale e il Canton Ticino furono abitate da una popolazione di origine celtica, il cui complesso di manifestazioni culturali è denominato cultura di Golasecca. Il territorio bergamasco, nell’ambito della cultura di Golasecca, è una zona di confine, poiché le attestazioni cessano al fiume Serio e le vallate alpine risultano insediate dalla popolazione degli Euganei; a Parre, posta al confine dei due ambiti culturali, compaiono materiali tipici di entrambi i gruppi culturali, come dimostra il ripostiglio di un fabbro deposto verso l’inizio del V sec. a.C. e formato da più di 1000 chilogrammi di bronzo sotto forma di rottami e lingotti. Testimonianza del confine tra i due ambiti culturali è il monte Pora, il cui nome trae origine da quello della Dea Retia, il quale, secondo alcuni studiosi, sarebbe un’aggettivazione di Pora, vero nome della Dea. Il monte Pora, dedicato alla Dea Pora Rezia, è dunque il confine tra la celtica Parre e la retica Val Camonica.
In Valseriana, scrive Adriano Gaspani, “gli archeologi sono stati in grado di rilevare abbondantissime tracce del popolamento celtico, della stirpe degli Orobi, durante l’età del Ferro” [i], anche se i popoli della Cultura di Golasecca “giunsero in Italia settentrionale in un’epoca che va dal II millennio a.C. all’età del Bronzo, migrando dal sud dell’odierna Francia, occupando parte del territorio ligure e dopo un processo di fusione, formando poi quel ceppo di popolazione definito Celto-Ligure”. [ii]
Recenti studi hanno dimostrato come le prime migrazioni dal sud dell’odierna Francia fossero costituite da popolazioni basche, poi fuse con i Celti e con i Liguri. “Gli archeologi – aggiunge Gaspani -, fin dal secolo scorso, sono stati in grado di mettere in evidenza l’esistenza di un substrato culturale unico diffuso su tutta l’area lombarda, nella zona compresa tra i fiumi Serio e Sesia, che prese il nome di “Cultura di Golasecca”, da una delle principali località, presso Varese, in cui furono rinvenuti i primi reperti pertinenti a tale cultura. Secondo i risultati dell’indagine archeologica, la Cultura di Golasecca si sviluppò durante la prima età del Ferro nella provincia di Novara, in tutta la Lombardia occidentale e in tutto il Canton Ticino, oltre che nella Val Mesolcina nel cantone dei Grigioni, in territorio svizzero, comprendendo non una singola popolazione, ma un certo numero di popoli stanziati nell’area lombarda, piemontese e ticinese i quali sembrano rappresentare in assoluto il più antico ceppo celtico tuttora noto e documentato, risalente addirittura al XIII sec. a.C. quando buona parte della Lombardia assistette allo sviluppo della Cultura di Canegrate, che introdusse fogge ceramiche e manufatti metallici fortemente correlati con quelli tipici della Cultura dei Campi di Urne sviluppatasi molto più a Nord, in Germania, nel territorio del Reno, nella Francia orientale e sull’altipiano svizzero, cioè nelle regioni ritenute dagli studiosi essere tipicamente le sedi originarie dei Celti e della loro cultura. Dal punto di vista del rito funerario la Cultura di Golasecca utilizzò esclusivamente la cremazione, almeno fino al VI sec. a.C.”.[iii]
“La società golasecchiana – scrive sempre Gaspani – era tale da privilegiare la classe guerriera e ovviamente anche quella sacerdotale, secondo una matrice tipicamente celtica, anche se non ci è noto quali fossero la natura e le prerogative della classe sacerdotale presso i Golasecchiani”. [iv]
Parre, l’antica Parra delle genti orobiche, con successivi scavi diretti da Raffaella Poggiani Keller, è stata riportata alla luce negli anni Novanta del secolo scorso. In località Castello sono stati ritrovati i resti di un abitato che si sviluppava su 13 mila metri quadrati di superficie, probabilmente fondato nell’età del Bronzo e del quale sono stati pubblicati i reperti in: L’oppidum degli Orobi a Parre (Bg), a seguito di una mostra e di un convegno tenutisi nella Cripta di Santa Maria della Vittoria a cura della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia.
Dalle relazioni degli studiosi, raccolti nel volume edito da Edizioni ET, Parra emerge come un punto strategico nei rapporti tra le popolazioni alpine e quella della bassa valle e della pianura.
“Parre, l’oppidum degli Orobi citato dalle fonti – scrive Raffaella Poggiani Keller – per le consistenti strutture insediative e per la cronologia pressoché ininterrotta dalla tarda età del Bronzo ad età augustea, con una successiva ripresa in età romana avanzata, costituisce un punto di riferimento per la conoscenza dell’area alpina lombarda. Inoltre esso risulta parte di un sistema articolato di abitati duraturi che nella medesima Valle Seriana si collocano a controllo delle strette di valle (Casnigo-Castello, Bracc e Colzate-San Patrizio, individuati con la ricerca di superficie) e delle confluenze delle valli latereali e dei percorsi interni, oltre che delle risorse minerarie (oltre Parre-Castello, Castione della Presolana-Castello)”.[v]
“Non vi è dubbio –aggiunge Ermanno A. Arsla – che Parre, centro le cui origini affondano nella protostoria, sia stata definitivamente acquisita ai territori dell’Impero romano nel 16-15 a.C., al termine delle guerre alpine di Augusto. Fino ad allora – rappresentò l’«avamposto» delle popolazioni alpine verso lo sbocco della Valle, il luogo dove due mondi si incontravano e dove si scambiavano prodotti minerari e beni di consumo”[vi].
A Parre, scrive Claudio Giardino – “aveva luogo il ciclo completo della produzione metallurgica, dall’estrazione del metallo dai minerali sino alla fabbricazione del prodotto finito, pronto per l’uso. … Parre era dunque un sito centrale nell’economia della Valle Seriana, che doveva svolgere un ruolo rilevante nel controllo produttivo, e forse anche politico, del territorio. … Il rame prodotto dai metallurghi di Parre contribuiva, forse in maniera non marginale, ad alimentare quella vasta rete di traffici interregionali che avvolgevano, in una rete di Bronzo, dall’oceano Atlantico sino alle rive del mar Egeo”.[vii]
Scrive in proposito Adriano Gaspani che il pagus celtico di Dossena, centro minerario, produceva minerali che una volta estratti sarebbero poi stati trasportati “a Parre in Val Seriana lungo una mulattiera attraverso il colle di Zambla” e che Parre era un importante centro minerario anche in età romana. [viii]
[i] Adriano Gaspani, Gli Insubri, Keltia Editrice
[ii] Vedi Adriano Gaspani, Gli Insubri, Keltia Editrice
[iii] Adriano Gaspani, Gli Insubri, Keltia Editrice
[iv] Adriano Gaspani, Gli Insubri, Keltia Editrice
[v] L’oppidum degli Orobi a Parre (Bg) a cura di Raffaella Poggiani Keller, Edizioni ET
[vi] L’oppidum degli Orobi a Parre (Bg) a cura di Raffaella Poggiani Keller, Edizioni ET
[vii] L’oppidum degli Orobi a Parre (Bg) a cura di Raffaella Poggiani Keller, Edizioni ET
[viii] Adriano Gaspani, Gli Insubri, Keltia Editrice